Ciriaco's blog
Le nostre anime di notte (Our souls at night) di Kent Haruf
Dopo aver letto Uomo Invisibile di Ralph Ellison e poi, in una lunga settimana, Io sono vivo, voi siete morti di Emmanuel Carrère, decido di prendere fiato e m’immergo, letteralmente, nella storia di Addie e Louis in Le Nostre Anime di Notte, ambientato nella piccola città di Holt che Kent Haruf ha reso famosa nella sua splendida Trilogia della Pianura.
Ma devo spiegarvi perché, ecco, ho avuto bisogno di ‘prendere fiato’ immergendomi.
Uomo Invisibile (Invisible Man) ci era stato introdotto a Hong Kong da Sharmistha Mohanty, la bravissima scrittrice indiana. Il prologo, recitato dalla sua voce e poi commentato, mi aveva colpito come un pugno. Il tema dell’invisibilità sociale, culturale e politica delle minoranze etniche – in questo caso dei neri d’America, io pensavo ai sardi – era così ben inquadrato e scavato che mi era sembrato strano che non fosse stato affrontato e sviscerato prima. In realtà esistono migliaia di libri e saggi di protesta oppure sociologici, ma nessuno prima di Ellison ha lavorato sulla letteratura, sulla qualità del linguaggio, sulla struttura e sullo spessore dei personaggi per trasmettere con efficacia la sensazione dell’appartenenza a una comunità d’invisibili, categorizzati in massa e condannati pertanto a un’affannosa e vana ricerca d’identità. Dopo Ellison, questo concetto è stato poi reso obsoleto da una miriade di emulatori sociologici (penso ad esempio a Ilvo Diamanti e a La Generazione Invisibile) che ne hanno abusato senza raggiungere la stessa profondità.
Beh, a distanza di tempo ho trovato Uomo Invisibile un gran libro, tuttavia incisivo e convincente solo nella prima parte e ben lontano dall’affermazione di Gallino secondo cui esso è “il caso più eclatante in cui la letteratura ha fatto la storia”. Il racconto, invece, tende a spegnersi via via e a perdere di brillantezza allontanandosi dall’analisi esistenziale per rincorrere vicende che oggi sarebbero chiamate di ‘lotte tra correnti politiche’. Certo, è possibile che Ellison lo abbia fatto apposta. La comunità dei neri non è idealizzata come farebbe uno scrittore bianco liberal, ma analizzata e scomposta in un certo senso senza accondiscendenza e amore, colta in un processo di emancipazione nel quale Ellison rileva più le mancanze e i limiti che non i pregi e i risultati. Può darsi che questo fosse proprio il suo intento, quello di evidenziare tutto quanto fosse in pentola, le varie sfaccettature, i diversi gradi di consapevolezza del processo – senza fare retorica, e allontanandosi dal gioco facile delle categorizzazioni. Pur tuttavia, Uomo Invisibile non risulta infine un romanzo compiuto, un capolavoro alla Melville (cui viene impropriamente avvicinato – niente di più fuorviante), né una letteratura capace di fare la storia, ma una straordinaria testimonianza di denuncia seppur priva della poesia che l’avrebbe nobilitata.
In ogni caso una lettura interessante e impegnativa.
Poi arriva Io sono vivo, voi siete morti di Emmanuel Carrère e per una settimana non ho dormito, spaventato dalla sua bravura. Pensavo di aver raggiunto il picco con Michel Houellebecq, ma il numero di “orecchie” che ho fatto sui libri di Carrère (ho quest’abitudine perché non mi piace sottolineare o evidenziare le frasi o fare commenti sulle pagine) non ha eguali. Io sono vivo, voi siete morti si presentava come una semplice biografia di un autore di fantascienza che mi piace, Philip K. Dick (dai cui racconti è stato tratto, per esempio, Blade Runner di Ridley Scott), ma ho trovato invece un abisso di riflessioni e di cultura. Il cervello esaltato, drogato e malato di Phil Dick diventa un tutt’uno con quello di Carrère. Quest’ultimo riesce a penetrarvi e a prenderne possesso, raccontando tutta l’opera di fantascienza di Dick attraverso le nevrosi di quest’ultimo, le sue visioni e paranoie, la pazzia e la redenzione e di nuovo la pazzia, ma anche attraverso una folla di personaggi che disegnano splendidamente l’America che cambia. Io non ho mai letto una biografia così, fatta dall’interno di una mente, né recensioni tanto connesse con la psicologia dell’autore recensito e la passione avida e aggressiva del narratore. Un italiano, scrittore e insegnante solo per grazie politiche, aveva indicato in tv come pregio ‘la distanza tra Emmanuel Carrère e i suoi personaggi, le sue figure’. Credo che neanche fosse riuscito a leggere i libri di Carrère, men che meno a capirli, povero coglione. Carrère, che ascoltava la traduzione, rideva.
Bene, procediamo: si dice che non sia il lettore a cercare un libro, ma sia il libro a cercare il lettore. Io non lo so, però dopo Uomo Invisibile e Io sono vivo, voi siete morti, mi sembra di poter dire che io e Le Nostre Anime di Notte di Kent Haruf ci stessimo appassionatamente, disperatamente cercando.
Ho letto la primissima frase: E poi ci fu il giorno in cui Addie Moore fece una telefonata a Louis Waters. Era una sera di maggio, appena prima che facesse buio, e subito mi sono immerso come ci s’immerge in una grande e calda vasca da bagno, allungando le gambe, spingendo mollemente la testa all’indietro, rilassando muscoli e ossa e nervi e vene e unghie, allontanando i pensieri, ogni cosa. Perché Kent Haruf ti parla intimamente, a voce bassa, e non vuole convincerti, interferire con i personaggi, invadere la scena della città di Holt. Vuole solo che una storia delicata come carta velina eppure profondamente universale, uno scampolo di vita, un tenue arcobaleno tra una pioggia e un’altra, non vada persa. Mai un narratore è stato tanto silenzioso. Eppure la sua umanità si diffonde attraverso il racconto come solamente uno scrittore di razza sa fare. Utilizzando l’osmosi di una letteratura pura, essenziale, diretta e, appunto, intima. Una voce che ti cattura, ti monopolizza. Dialoghi come racconto, senza forzature o salti, senza drammatizzazioni. E personaggi essenziali, tondi, belli, colti in un momento storico, il loro e solo il loro, e portati a rivelarsi senza strepiti, ma toccando corde profonde nell’ascoltatore.
Nel senso che siamo tutti e due soli. Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me. La notte. E parlare…
Se la letteratura per voi è la capacità di creare un proprio mondo e di comunicarlo quanto più universalmente possibile; di scavare lo scritto, di pulirlo, di lavorarlo sinché finalmente sia un manoscritto essenziale, coerente, profondo e originale come un linguaggio dell’anima; di veicolare umanità, sentimenti e poesia; bene, allora leggete Le Nostre Anime di Notte (ci vuole appunto una notte per finirlo) e la Trilogia della Pianura e v’innamorerete di Kent Haruf e del suo piccolo, grande mondo.
Ciriaco Offeddu
ciriacoffeddu.com
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